Pareti a cappotto: quando e come realizzarle?

Enrico Evangelisti on 15/06/2016

Tutti abbiamo sentito parlare delle ormai celeberrime pareti a cappotto, necessarie il più delle volte a dover porre rimedio agli altrettanti famosi ponti termici dovuti ad errori progettuali o di realizzazione che si sono verificati durante la costruzione dei nostri fabbricati.

La funzione delle pareti a cappotto è dunque quella di aumentare l’inerzia termica dell’involucro edilizio, abbassando di fatto i livelli di trasmittanza delle pareti: in parole povere l’obbiettivo che ci si pone è quello di limitare gli scambi di calore con l’ambiente esterno, sia durante la stagione invernale che in quella estiva: ciò garantisce un comfort termo-igrometrico qualitativamente elevato e la salubrità degli ambienti e non ultimo, impedisce la proliferazione di muffe e fenomeni di condensa.

Ma procediamo per gradi, analizzando le varie tipologie di pareti a cappotto, che si distinguono principalmente in:

  • Cappotto interno
  • Cappotto esterno

Le pareti a cappotto interno sono indubbiamente le più diffuse, poiché nel corso di una ristrutturazione, abbiamo la tendenza di coibentare tutte quelle pareti che non godono di un ottimo orientamento solare, e che presentano alti livelli di trasmittanza e/o ponti termici,  che generano muffe e condense superficiali.

I cappotti interni si realizzano a partire da un contro-parete, che il più delle volte può essere realizzata con mattoni forati in laterizio, con blocchi in siporex, o più facilmente con pannelli in cartongesso montati su idonea struttura metallica: è importante che tra la parete e la contro-parete, vengano inseriti delle lastre coibentanti che possono essere di vario genere: in polistirene ad alta densità, in lana di roccia, o in sughero per chi predilige una soluzione eco-compatibili.

Al fine di ottenere un buon esito dell’intervento, ritengo sempre opportuno risvoltare la coibentazione anche su una porzione di soffitto.

Abbiamo dunque descritto sicuramente la soluzione più economicamente vantaggiosa, che ci garantisce certamente una migliore salubrità degli ambienti, ma che non risolve in maniera strutturale e definitiva, il problema dei ponti termici.

Per questo dovremo ricorrere alle pareti a cappotto esterno, realizzate secondo il seguente iter, che prevede 4 macro-lavorazioni:

  • Predisposizione di una barriera al vapore sulla parete esterna, così da evitare eventuali condense interstiziali dovute a repentini cambi di temperatura, tra ambiente interno ed esterno;
  • Fissaggio dello strato isolante con pannelli di polistirene ad alta densità, con spessore variabile da 3 a 12 cm, (a seconda della zona climatica in cui operiamo) mediante incollaggio e tassellatura con elementi metallici rivestiti di PVC;
  • Strato di protezione e regolarizzazione, con intonaco armato con rete in fibra di vetro e malta premiscelata a base cementizia, con spessore compreso tra 1,5 e 2 cm;
  • Strato di finitura con rasatura finale, pezzatura e tinteggiatura.

Un’alternativa alle pareti alle tradizionali pareti cappotto esterno sono:

  • le pareti a veture
  • le pareti ventilate

Le pareti a veture, si differenziano sostanzialmente per lo strato di finitura finale: anziché utilizzare il classico intonaco armato, si procede con un rivestimento che può  essere di varia natura, a seconda delle prestazioni fisico-tecniche e del grado di finitura che si vuole ottenere: possiamo optare per elementi lapidei, laterizi, o pannelli in lamiera metallica.

Le pareti ventilate meriterebbero un capitolo a parte, ma in linea di massima possiamo descriverle come un evoluzione di quelle a cappotto esterno: dopo aver posizionato lo strato isolante, si procede con un intelaiatura in acciaio, a montanti e traversi sulla quale viene poi alloggiato lo strato di finitura, che il più delle volte coincide con gli elementi utilizzati per le pareti a veture (laterizi, gres, pannelli metallici). L’intelaiatura non solo garantisce un sistema di ancoraggio per lo strato di finitura, ma va a costituire una vera e propria intercapedine d’aria, che interagisce con l’andamento del giorno e delle stagioni.

E’ evidente che la soluzione a cappotto esterno sia indubbiamente la più dispendiosa in termini di tempi e costi, e che nel caso dei condomini, interessi tutti gli abitanti del fabbricato. Inoltre è importante evidenziare, che in determinati contesti urbani (ad es. il centro storico di Roma), si potrebbero verificare una serie problematiche legate a vincoli storici e/o paesaggistici, o legati alla complessità architettonica della facciata in questione.

Di contro delle pareti a cappotto interno, hanno il limite di non risolvere in maniera definitiva il problema dei ponti termici, e di ridurre la superficie utile degli ambienti.

Con l’auspicio di aver chiarito i vostri dubbi, il team di EF_Archidesign rimane a vostra disposizione per accogliere i vostri feedback, e risolvere insieme a voi i problemi legati alla coibentazione dei vostri ambienti.


Arch. Enrico Evangelisti

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